lunedì 21 novembre 2011

Leaf Community: dal concetto di 'casa passiva' a spazi comuni sostenibili

All'ultima edizione di Ecomondo, la fiera che ogni anno ospita le innovazioni nel campo della sostenibilità ambientale, c'era anche il progetto Leaf Community: un insieme di pratiche per vivere e lavorare riducendo l'impatto sull'ambiente, già in corso di sperimentazione ad Angeli di Rosora, nella provincia di Ancona.

di Angela Lamboglia - 21 Novembre 2011

casa passiva
"L’energia più pulita è quella risparmiata"
Cominciamo dall'abitare. LaLeaf House è una casa composta da sei appartamenti che ruota attorno al principio secondo cui “l’energia più pulita è quella risparmiata”.
L'idea è quindi di ridurre i consumi energetici, e di conseguenza le emissioni di CO2, non solo sfruttando fonti alternative per la produzione di energia, ma soprattutto puntando sull'efficienza, evitando gli sprechi e migliorando l'isolamento termico.

Il modello a cui il progetto si richiama è quello delle case rurali dell'area marchigiana e quindi l'idea è di valorizzare, nella progettazione, elementi naturali, quali il clima, l'esposizione al sole e al vento e la presenza di vegetazione.

Tubi solari catturano e trasportano all'interno la luce naturale e una tecnologia domotica la modula nell'ambiente per ridurre il ricorso all'illuminazione artificiale. L'elettricità, in ogni caso, è ottenuta dall'impianto fotovoltaico posto sul tetto dell'edificio.

Non c'è caldaia, né impianti di condizionamento. Una pompa di calore geotermica assicura la generazione del caldo e del freddo, mentre i pannelli solari termici integrano la disponibilità di acqua calda offerta dalla pompa. Inoltre per il raffrescamento è stato previsto anche un percorso interrato che condiziona naturalmente l'aria.

Un’unità di trattamento d’aria verifica la presenza di anidride carbonica e si spegne automaticamente quando si aprono le finestre per evitare il dispendio di energia.
Il contenimento dei consumi vale anche per la risorsa idrica: una vasca raccoglie l’acqua piovana che può essere riutilizzata per gli usi sanitari e per l’irrigazione, mentre il lavandino della cucina è dotato di un rubinetto a tre vie - calda, fredda e potabile - per evitare l'acquisto dell'acqua in bottiglia.

I concetti sviluppati nella Leaf House sono stati applicati anche per la realizzazione di altri edifici all'interno della comunità, non ad uso residenziale ma destinati ad accogliere uffici: strutture dotate di pompe di calore alimentate da acqua di falda, sistemi di illuminazione che sfruttano la luce solare e soluzioni tecnologiche per monitorare i consumi. I tetti di questi edifici sono stati bonificati e su di essi sono stati installati pannelli fotovoltaici e nello spazio circostante si è lavorato alla valorizzazione dei parchi, oggi in grado, grazie al rimboschimento, di assorbire fino a 8 t di CO2 all’anno.

La partecipazione di grandi aziende al progetto della Leaf House - ideato e realizzato dal Gruppo Loccioni, in collaborazione con un network che comprende, tra gli altri, Enel, Whirpool e Siemens, con la supervisione dell'Università Politecnica delle Marche – non deve scoraggiare rispetto all'accessibilità di una casa a zero emissioni.

costi di costruzione sono ormai giudicati concorrenziali rispetto ad una normale abitazione che rispetti le normative sul risparmio energetico e la comunità marchigiana rappresenta solo uno dei tanti esempi diffusi in Italia e nel mondo – nel marzo 2010 se ne contavano 22.500 a livello globale - ispirati al concetto della casa passiva.

Proprio in questi giorni ha compiuto un anno, ad esempio, la primacasa passiva realizzata in legno nella regione Lombardia, una villa su tre livelli in provincia di Varese certificata “Classe Oro Plus”, grazie a pannelli fotovoltaici, termici e a un impianto geotermico verticale, ma anche alla capacità di sfruttare il calore generato dagli elettrodomestici, rigorosamente ad alta efficienza, e addirittura da coloro che la abitano.

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Come organizzare una “banca del tempo”?

Negli ultimi tempi si è parlato molto di banche – ma ci sono banche e banche – questa volta il mercoledì 30 Novembre alle ore 21.00 presso l”ex-biblioteca di Carimate (Via Arnaboldi) parleremo di “Come organizzare una Banca del Tempo”. La conferenza-laboratorio sarà condotta da Ester Bisotti, fondatrice e coordinatrice della BdT di Caponago (MB).
La Banca del Tempo è un istituto di credito un po’ particolare. Presso il suo sportello non si deposita denaro e non si riscuotono interessi, ma la disponibilità a scambiare prestazioni con gli altri aderenti utilizzando il tempo come unità di misura degli scambi. Ad ognuno degli aderenti viene intestato un regolare conto corrente tempo e viene consegnato un libretto di assegnitempo. Unico obbligo è il pareggio. 
La Banca del Tempo è una innovazione sociale che attiva una rete di solidarietà fondata sullo scambio alla pari di prestazioni capaci di soddisfare bisogni legati alla vita quotidiana. Un modo per riorganizzare la rete di reciproco aiuto tipica dei rapporti di buon vicinato.
La Banca del Tempo si basa sullo scambio, cioè si dà per ricevere, si chiede tempo per restituirlo, infatti il proprio conto corrente deve tendere ad avere saldo zero. Non si tratta dunque di volontariato, ove i volontari offrono tempo per loro attività ad utenti che ne usufruiranno. Si parla di reciprocità indiretta, ogni scambio accende debiti e crediti in tempo nei confronti della Banca, non del singolo interessato.
Di fatto, attraverso lo scambio, facendo “qualcosa per” si finisce per “fare qualcosa con”, cioè è l’aspetto relazionale e conviviale che prevale pur rimanendo estremamente importante l’aspetto funzionale.
Quello che si è visto è che le Banche del Tempo sono una innovazione sociale proprio perché:
• danno vita a reti di socialità agendo come “antidoto contro la solitudine”
• permettono di allargare l’aiuto di vicinato oltre la stretta cerchia parentale
• favoriscono l’inserimento sociale di persone senza rete si supporto familiare (ad esempio nuove famiglie trasferitesi da altri comuni)
• favoriscono l’interculturalità
• favoriscono i rapporti tra generazioni (ormai giovani e meno giovani si trovano a frequentare ambienti diversi)
• favoriscono la crescita dell’autostima individuale (permettendo il riconoscimento in sé allo stesso tempo di bisogni e capacità di soluzione di quelli altrui)
• permettono di soddisfare bisogni altrimenti non reperibili sul mercato
• permettono di usufruire di prestazioni altrimenti non acquisibili per motivazioni economiche o per rigidità organizzative
• agiscono, più complessivamente, sulla qualità della vita.
Scarica qui la locandina